Chiara Daino
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METALLI COMMEDIA

METALLI COMMEDIA

In attesa che Metalli Comedìa trovi editore, ne ospito un canto su Blanc, per sottolinearne il valore e mettere a fuoco la questione che quest'opera continuamente propone, ossia la contrapposizione fra chi sceglie il sangue caldo della vita e chi, invece, la pappamolla del rifugio, del ripiego, della garanzia a sopravvivere pur nella mediocrità. Chiara Daino, intraprendendo un viaggio nel vero – con un'operazione postmodernista di assoluto rigore formale, che recupera il modello dantesco girandolo come un guanto, in nome della natura metallica del corpo, secondo l'assioma del duce Darrell Lance Abbott, suo mentore in Paradiso, per il quale l'«Heavy metal is what I'm into. Shit that moves you. Shit that has heart and soul» (l’Heavy metal è quello che sono dentro. La merda che ti muove. La merda che ha cuore e anima), e ribadendo, ben scopertamente, che il sesso è quanto di meglio fa esplodere Narciso immillandolo nei riverberi di Eco – edifica un oltreregno triadico, articolato in cinque canti per cantica, in terza rima e innervati da un meticciato linguistico-citazionista attinto da lupanari e chiese tosco-liguri, da migliaia di gruppi metallari e dalla letteratura tutta, in nome, appunto, della conservazione della specie in tungsteno e a danno degli altri, primi fra tutti i poeti italici delle consorterie varie. A dirla subito e chiara, qualche ragione deve averla dama Clarìda, a proposito di questi club sado-letterari / porno-versali che posticcano donzelle e pagine chiedendo dazio carnale per editare rime: se ne sente dire, ogni tanto, anche da queste parti, che pure si parla sottovoce e non ci si infibula con intrallazzi fuoriporta (l'unica tentazione è la passeggiata in montagna ma, giuro, senza intenzioni seminali). Ovvio che fare d'ogni erba uno sfascio è forse eccessivo, ma ciascuno ha il diritto di fornire la propria versione dei fatti. Chiara Daino di fatti ne nomina molti nel testo, specie per orgia alcolica, tutti col cuore malvagiamente autentico, secondo il canone che vuole, il Metallo, voce che tiene amore e morte per lo stesso collare, tramite il corpo, viatico d'ogni indecenza e, dunque, libertà. L'affare è politico (e grosso, dice ogni tanto la Dama) ed anche qui ha ragione. Fare pompini per lubrificare la carriera di velina non è infatti lo stesso che imbrattarsi le labbra seguendo Dioniso ai concerti: là c'è "silicone per sola vertute"; qui pedagogia e sano esercizio mandibolare; là c'è ignoranza allo stato artificiale, qui non sapere socratico, o vero muscolo neuronale inselvatichito, malgrado poi moltissimi eroi del suono siano plurilaureati nella civis. Ce lo ricorda ella stessa a proposito di Bruce Dickinson, voce da quattro ottave degli Iron Maiden, colui che guida la nostra impavida per i sentieri interrotti del Purgatorio, dopo aver preso il testimone da Alice Cooper, il vecchio del Metal nonché suo psicopompo infernale, che la salva dal censore Manzoni. E' questa, in effetti, la via d'uscita dalla storia magna, notoriamente regolativa: il vietato vietare che libera la carne dalle stecche e la mette in moto verso il futuro, come già accadde al primo figlio che tagliò la testa al padre ed ai bikers d'ogni latitudine e grado (alcolico, ancora). Con Alice, la Dama – tutta chiodo e tacchi a spillo – rompe gli specchi, s'imblatta in "morchie" piene di parassiti, profittatori e ruffiani, sempre pontificando sulla necessità del contrappasso. Del resto, come negare che molti di noi coltivano l'orticello, anziché l'abisso, come dovrebbero se avessero un po' di zolfo in zucca?
Al purgatorio, si sale attraverso il Monsters of Rock, palco celeberrimo per il Metal, come chiosa la Dama, che costruisce uno splendido apparato paratestuale (e, a tratti, paranoico), che costringe il lettore ad intraprendere un viaggio supplementare ma denso di eccitanti incontri, tra biografie e pettegolezzi, teoremi e precisazioni, spesso per mettere in guardia l'ingenuo inquilino che confonde, povero lui, l’Heavy Metal con il satanismo: ovvio, lascia intendere la clarissa, che i due termini sono contigui, ma liquidare l'uno nell'altro, è una bestemmia, un atto di superficiale qualunquismo! Non me ne intendo, prendo atto, e proseguo nel viaggio, popolato anche di anime care alla rete, come quell'Adriano Padua, ex amante della protagonista (pare) ed epistolomane, e Tommaso Ottonieri tutto intento a difendere Sparajurij, la misteriosa entità plurale che spopola negli slam poetry. Questa commistione di anime trapassate e vive è quanto di più immediatamente dantesco l'opera contenga, mentre sottotono – occorre dirlo – appare il passo in cui Dante nerchiomane tromba le veline rieducate da Patti Smith, in pariglia con Leopardi, che i due raminghi – la Clara e il Bestione – non visitano, essendo ormai in procinto di veder le stelle, quel Gran Paradiso del Metal dove si scopa come ricci in nome del sacro verbo che ingrippa il duro fango del mondo con il brodo della fanghetta, alla faccia del molle gobbo di Recanati e dell'asciutta passera di Lucia, parente letteraria di quel "figlio di don Pietro" incontrato nel primo canto dell'Inferno.
Qualcuno potrebbe dire che non si capisce bene la mia posizione in merito alla questione, manichea, posta in principio: meglio il leone o la pecora? Meglio un giorno o cento? Meglio la politica o la selva? Meglio anzitutto chi riesce a scrivere con l'intensità messa qui in opera da Chiara Daino; meglio l'opera che tiene il mondo in terzine, ma lo lascia traboccare nei suoi umori, nei suoi luoghi d'ombra; meglio chi dice pane al pane e cazzo al cazzo, piuttosto di chi confonde i regni, razzolando in entrambi malamente; meglio ancora, infine, chi apre porte, lascia cuore e amore vivi, così come nice-camicie o altri suoni, chi legge Bataille riconoscendogli il merito d'aver detto quasi tutto intorno alla sorellanza fra sesso e morte, chi diffida della fede perché figlia fanatismi, chi non insegue bandiere e chi vede se stesso non soltanto nel derelitto, ma anche nel feticcio da distruggere. In quest'ultima perversione, in particolare, suggerisco tutti di riflettere. Belli e brutti.



Purgatorio

II

[Canto Secondo lo quale tratta della barriera che screma e scerne chi sia degno di salir allo Paradiso; l'Auttore incontra gran setta poetica che spiega l'officio svolto da su'componenti; quivi appare anche lo Thoma De Hott con li Metallari carcerati e li Arresta Anime]



Dopo parecchio svoltare di bivi,
l'anfibi miei or agogno struggendomi
su cazzo di porfido che pur quivi

pavimenta le strade, persuadendomi
che l'alti tacchi – di spillo muniti –
non sian adatti ancorché, mordendomi

la lingua, non fiato degli assortiti
insulti rivolti contro lo Dante
che gabbò con li suoi sensi smarriti1

chiunque s'addormisse, incurante
dello possibil viaggio nell'altrove
ch'allo risveglio, in un sol istante,

avrebbe schiaffato – in quell'altrove
il malcapitato così com'era
fosse pur'issato s'un tacco nove!

Accortosi della mia smunta cera
lo Duca mio mi disse: «tra non molto
apparirà l'Osteria Corbusièra2

dove questo tuo bel viso stravolto
potrà riprendere il suo colore!
Sicché tuo passo torni disinvolto».

Ed ecco spuntar l'immane splendore
di quell'immensa, abnorme, struttura
che pure lo più strano pensatore

non pensa l'osteria di tal fattura!
Seduti nel gazebo che sorgeva
fuor dall'entrata di rara scultura,

feci quei che, su piano, piè solleva!
Sollevata dunque dal mio calzàrio3,
da quella gran struttura ch'incombeva

sciàmano con passo autoritario
sagome con viluppi di fiammelle
in luogo dello comune vestiario.

Quindi tutte quelle vive lamelle
si siedono noi vicino, sì sento
che quelle non son roventi rovelle

ma loro mentale atteggiamento
esternato nel vampare vibrato
come segno di riconoscimento

ché quando, per caso, m'ebbe sfiorato
un di quelli che lì prendeva posto
non un briciolo di me fu bruciato.

Poscia, quello rimasto più nascosto,
con grande balzo sul tavolo salta
e'l mi fissa, poi fiammeggia scomposto

per gran risa che quasi si ribalta:
«Dama millicometa!4 Mi stupisco
di quest'imperdonabile difalta!5

Non mi riconosci? Son lo Francisco
lo Coibentato6 con quelli mercuri
che vedi qui, nel luminoso disco:

son io che siam noi li soli più puri
siam li sparajurij7 al gran completo!».
Come lama che le carni sfiguri

choc mi sconvolse tutto l'alfabeto
tanto che verbo non riuscivo dire:
sparajurij fu lo magno segreto

di regno grafico che definire
nessun umano ha giammai saputo
quanti né chi fossero nell'agire

collettivo di quei che – per statuto:
avrebbero punito l'impunito,
avrebbero compiuto l'incompiuto!8

Ancor l'animo mio era tramortito
ma forza trovai per quelli pregare:
«Nobil sparajurij multispartito,

per lo vostro slammico dominare,9
per li vostri più puri Atti Impuri,10
per l'ombre che soli fate fugare,11

le Fate con anfibi12 da lor buri
sacri13 – convocate perch'io prosegua
senza che gran dolor mi trasfiguri».

Lo Coibentato, svelto, si dilegua
per poi, svelto, ritornar – con in mano
anfibio borchiato: «che ti dia triegua!

Ma devi ringraziare l'Adriano,
quel Padua14 che gran amico stimiamo,
se tue preghier non son cadute invano:

legame vi cinse che noi sappiamo
forte – quello bene che lui ti vuole
giacché la prassi che qui noi seguiamo

è dar tossina nel ber a chi suole
dar da bere bugia allo lettore
sì che, da morto, non macchi parole;

pure quello Duca tuo protettore
beneficia di nostro benvolere
ché cantò le Rime15 con gran onore.

Non che morte tu dovessi temere
poiché, per quanto sempre sian contorte,
tue scritte parole son sempre vere;

ma tu sai che piacere – fare morte
tutte l'anime che nell'oggi scrivono:
siamo troppi per questa sola corte».

Poi quelli ch'in forma di fiamma vivono
sparirono nell'agitar di vampa,
sì che come quelli che sopravvivono

tirai gran fiato di chi morte scampa,
baciai lo Duca mio con somma foga,
anfibi poi calzai, zampa per zampa,

poi mi sentii stringere da gran soga:16
dagli Slipknot17 siam'ora circondati!
«che quando la speranza non allòga!18»:

tempestano quei nove carcerati19
«tutte le speranze sono finite»,
cantano quelli che son numerati

dallo zero all'otto20 – quell'ordite
sembianze, all'improvviso spuntate,
vediam che da noto trio son seguite:

ecco farsi noi presso quell'amate
alme amiche, che tosto abbraccio:
Toma De Hott21, sulle strade marcate,22

con Acchiappashpirt23 – che subito faccio
festa con Donna Jonida, poi strillo:
«che cazzo ci fate nel pasticciaccio24

del purgatorio?» risponde, tranquillo,
lo Toma: «se sparajurij qualcuno
scampa, noi l'abbattiam come birillo!

Immagino sarete a digiuno!
Mangiate con noi, pria di ripartire:
viaggiar digiuni non è opportuno».

Accolto l'invito, eccoci dire:
«ottimi – cibo, vino, compagnia!
Grazie, ma dobbiam davvero partire

che si fa tardi e lunga è la via».
Salutate tutte l'anime druse,25
lo viaggio riprese, nell'allegria
di quel convivio26 che li cor ci fuse.27



1. Dante […] sensi smarriti: l’Autore si riferisce agli svenimenti [sensi smarriti] di Dante che costellano la Divina Commedia fin dal principio, quando si risveglia nella selva oscura. Addormentarsi/svenire e ritrovarsi catapultati all’Inferno, di per sé, è già esperienza traumatizzante. Addormentarsi/svenire e ritrovarsi catapultati all’Inferno – con i tacchi a spillo – è ancor più destabilizzante
2. Corbusièra: omaggio all’ architetto, urbanista, pittore e designer Le Corbusier, pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret-Gris
3. Calzàrio: calvario della calzatura scomoda
4. Dama Millicometa: anagramma di Metalli Commedia. Quale epiteto migliore?
Difalta: difetto, mancanza
Coibentato: protetto con materiale coibentante, isolato. Lo stesso Coibentato si definisce tale e l’Autore, fedele, così lo riporta
7. Sparajurij: collettivo poetico, dedito all’action poetry. Nessuno sa né quanti né chi siano esattamente i membri di sparajurij. Durante le manifestazioni: le locandine riportano solo sparajurij – e non si sa mai chi si presenterà. L’Autore, al momento, conosce per certo solo 5 sparajurij dell’ignoto totale...
8. Per statuto […] l’incompiuto: «Il principale auspicio del gruppo è di riuscire a spingere la letteratura al suo meritato destino, nell’oblio delle cose avvenute, dove si compia la punizione che ancora manca ai suoi tormenti» [dal loro sito web: http://www.sparajurij.com/tapes/presentazioni.php]
9. Slammico dominare: vincere gli slam poetry. Non esiste slam poetry [sfida di poeti] che non sia vinto dagli sparajurij in gara. Solo il Poeta Luigi Nacci li contrasta [ma Luigi Nacci è uno sparajurij in incognito, lo sappiamo tutti!]. Non si ha più memoria del Poeta Savogin che vinse uno slam, soffiando, per un pelo la pronosticata e scontata vittoria di sparajurij… Ti vogliamo bene, Savogin, ovunque tu sia!
10. Atti Impuri: rivista letteraria di sparajurij
11. L'ombre che soli fate fugare: le ombre che mettete in fuga. Per dichiarazione stessa di sparajurij: «come l’ignoranza di una persona si dissolve da sola nel momento in cui ella conosce. Come si dissolve l’oscurità nel momento in cui splende la luce, così la deficienza dispare nella perfezione: si diffonderà fondendosi nell’unità, mentre prima le loro opere erano disperse. Nell’unità ognuno ritroverà se stesso. Nell’unità, per mezzo della conoscenza, ognuno purificherà se stesso dalla molteplicità; come una fiamma, divorerà in se stessa la materia: l’oscurità per mezzo della luce, la morte per mezzo della vita»
12. Fate con anfibi: associazione che collabora con sparajurij
13. Buri sacri: fuochi sacri, bracieri [da burare: ardere, bruciare senza fiamma, come la brace sotto la cenere]. Sacri è riferito sia ai buri sia ai membri di sparajurij
14. Padua: Adriano Padua, Poeta Ragusano. Dalla tormentata relazione sentimentale [e dall’oceanico scambio epistolare] con l’Autore, Padua ricavò due delle sue raccolte poetiche. Nonostante la fine della relazione, i due sono in ottimi rapporti di amicizia [o, forse, lo sono proprio per questo!]. A differenza dell’Autore, Padua gode di ottima stima presso tutta la Cultura Italiana ed è unanimemente ritenuto simpatico. Per tanto l’Autore si scuda di Padua, spesso e volentieri. E si scuda fuor di metafora: l’Autore [che l’unica cosa che può vantare sono 170 cm di altezza] imbraccia Padua e lo rotea come scudo per difendersi dai Poeti…

15. Rime: riferimento a The Rime of the Ancient Mariner, la Ballata dell’Antico Marinaio di Samuel Taylor Coleridge [1772 – 1834]. L’opera fu riadattata e musicata dagli Iron Maiden nell’omonima canzone contenuta nell’album Powerslave: il brano dura quasi 14 minuti e contiene un intermezzo acustico [arricchito da un passo tratto dal poema e recitato da Orson Welles]
16. Soga: fune, corda. Per estensione: cappio [cfr. Dante, Inf., XXI: Cércati al collo, e troverai la soga]
17. Slipknot: gruppo Alternative Metal il cui nome significa, appunto, cappio, nodo scorsoio
18. Quando la speranza non allòga: quando la speranza non alberga, non abita, non esiste. Riferimento al testo degli Slipknot All Hope Is Gone, Tutta La Speranza è Finita
19. Nove carcerati: gli Slipknot sono soliti esibirsi calzando maschere e tenute da carcerati
20. Numerati dallo zero all’otto: gli Slipknot si fanno chiamare con i numeri [dallo 0 all’8] impressi sulle loro divise da carcerati
21. Toma De Hott: Tommaso Ottonieri, poeta, romanziere, critico e scrittore italiano

22. Sulle strade marcate: nelle contrade del Purgatorio. E ancora: riferimento al romanzo di Tommaso Ottonieri "Le strade che portano al Fucino" [ed. Le Lettere]
23. Acchiappashpirt: progetto di poesia sonora, creato da Jonida Prifti e S.D.T.
24. Pasticciaccio: strizzata sonora a Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, romanzo di Carlo Emilio Gadda
25. Anime druse: persone animate da un intento comune [drusa indica l’aggruppamento di cristalli su una matrice comune]
26. Convivio: banchetto [cfr. Il Convivio, banchetto di sapienza, di Dante]
27. Che li cor ci fuse: che creò una comunione d’anime. E anche: che ci stordì [ci fuse] il bere [licor, voce spagnola per liquore]. Entrambi le letture spiegano perché il viaggio riprese in allegria.

Fonte: http://golfedombre.blogspot.it/2010/04/chiara-daino.html

Stefano Guglielmin
ChiaraDaino.it © 2011

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