CORPI DI CARTA CHIARA |
Estratto da PostPopuli 03 Ottobre 2012 12:00:00 |
«Sai perché non hai ancora fatto i soldi con la scrittura?» m’interroga l’allampanato [e *lampadato*] bipede sorridente – e la tentazione di sgranare un rosario di motivazioni e di imprecazioni è tanta, ma taccio e ascolto l’ennesimo guru improvvisatosi mio salvatore: «hai deciso di vivere di parole ed è una scelta lodevole perché per te è un mestiere e non un hobby, ma alla gente piace chi si piace. Per questo non hai ancora fatto i soldi. Hai notizia di uno scrittore famoso autodistruttivo?». Omettendo le borchiate verbali esplose con violenza diaframmatica, trascino i miei anfibi lontano, ripensando alla povertà [soprattutto spirituale] che vessa la Penisola… Scatto sinaptico subitaneo ed eccomi a cantare «Ho fatto i soldi facili» di Jacopo Ratini [che ringrazio per aver accettato, con entusiasmo e professionalità estrema, essere intervistato].
1.Anno Domini 1982: come vivi la tua generazione? O meglio: possiamo ancora parlare di «generazione» in termini sociologici? Esistono comuni denominatori e ideali da rispettare o siamo davvero tutti parte di quella tanto disprezzata «(de)generazione internet»? Approfondendo: qual è il tuo rapporto con la Rete? A livello artistico è un’opportunità aggiunta alla diffusione musicale o crea un’eccedenza che livella le differenze qualitative?
La nostra generazione si ritrova a pagare qualcosa che le generazioni passate hanno sbagliato a prevedere o hanno previsto male. Ciò non toglie che spesso ciò diventa un alibi. La soluzione, a mio avviso, è sapersi adattare al nuovo sistema portando le proprie idee e le proprie convinzioni, cercando di cambiarlo, quantomeno nel piccolo.
Internet è un’arma a doppio taglio. Se da una parte ti dà la possibilità di una visibilità immediata e immensa, dall’altra, la facilità di accesso alla rete (e ai social), ha fatto sì che la nicchia diventi calderone e, nel calderone, risulti sempre più difficile trovare materiale di buona qualità e fattura.
2.Dovessi scegliere una colonna sonora del tuo Essere Musica e del tuo percorso di cantautore: «Stairway to Heaven» o «Highway to Hell»?
Sceglierei “Have you ever seen the rain”
3.La scelta di cantare in italiano [e m’inchino ché so bene quanto difficile sia la nostra amata Lingua e non pochi nostri connazionali hanno scelto l’inglese per esprimersi] dove si radica?
È la mia lingua, è quella che conosco meglio e “dovrebbi sappere” parlare meglio (oddio, mica tanto…)
4.Nell’atto creativo/compositivo, come bilanci il difficile equilibrio tra suono e senso?
Solitamente inizio trovando un sound, a mio avviso, appropriato da correlare ad una frase, un concetto, una parola a cui avevo già trovato o dato un senso compiuto in precedenza.
5.Il simile odia il simile? Già per Esiodo «il vasaio odia il vasaio, l’aedo odia l’aedo e il mendicante odia il mendicante» – e tu, come cantautore, odii i cantautori o le relazioni con i tuoi colleghi sono di sostegno e supporto reciproco?
Io amo infinitamente le collaborazioni, soprattutto quelle che portano alla sperimentazione. Se i cantautori nostrani smettessero di farsi la guerra tra loro (per una briciola di pane) sicuramente ci sarebbero molte più possibilità di incontro e di farsi sentire da una discografia aimè sorda od orientata altrove.
6.Esistono artisti [cantautori, poeti, cantanti, musicisti…] che hanno influenzato nel profondo le tue sonorità e le tue scelte compositive?
Esiste un signore, chiamato Charles Bukowski, che mi ha regalato delle emozioni talmente profonde e grandi che nessun altro cantautore o musicista mi ha regalato.
Detto ciò, non smetterò mai di ringraziare Battisti ed i Beatles per ciò che hanno creato e composto.
7.«Il mondo canta storie che parlano d’orrore» e sintetizzi alla perfezione le tragedie quotidiane. Che valore attribuisci all’ironia come forza per attuare un cambiamento storico e sociale? Che ruolo ha l’Arte nell’affrettare una rivoluzione?
L’ironia è consolatrice. L’ironia e l’autoironia mi salvano costantemente dal deporre le armi e dall’abbandonare questo mestiere così precario e instabile.
L’arte potrebbe essere una dei protagonisti di una rivoluzione socio-culturale che in questo paese sarebbe un toccasana. Ma purtroppo non vedo che i giovani (artisti e non) abbiano così fretta di fare una rivoluzione. Si sta ancora “troppo” bene.
8.[Per questa domanda sei autorizzato a colpirmi violentemente con una Fender giacché è querelle infinita – ma non posso evitare portela] il cantautore è un poeta? I cantautori sono davvero i nuovi poeti? Chi sono, per te, i poeti?
Poeta, a mio avviso, è chiunque sia in grado di suscitare con una parola, una frase o un concetto, un’emozione profonda e viscerale che ti porta a pensare, a riflettere, a dubitare, a cambiare punto di vista o di pensiero, a creare a tua volta o semplicemente che ti lascia senza parole… a contemplare.
Perciò poeta è chi scrive ma anche chi dipinge, chi scolpisce, chi ricama, chi costruisce case. Chiunque abbia a che fare con il concetto di emozione e sensazione.
9.Sanremo, i premi, i riconoscimenti – quanto hanno inciso nel tuo iter?
Molto. Credo che senza quei premi non sarei mai arrivato al Festival di Sanremo.
10. «Studiare, lavoro, pensione e poi muoio!». Premesso che pensione per noi, ormai, è sinonimo di entità mitologica, aggiungi: «scagli la pietra chi non seguirà la strada tracciata dalla società» e quale tracciato segnano e seguono i tuoi passi?
I miei passi segnano un cammino, personale, importante.
Sono un artista convinto che le canzoni possono ancora cambiare qualcosa, così come le poesie, i libri, le fiabe. Anche se tutti dicono che l’arte non è essenziale alla nostra sopravvivenza, gli esseri umani hanno bisogno dell’arte… per vivere meglio.
11. «Carmina non dant panem» vale anche in ambito musicale? Perché i «soldi facili» sono ancora un imperativo esistenziale per molti/troppi artisti?
Se parli di artisti giovani/emergenti i soldi contano perché anche l’artista deve vivere: deve pagare l’affitto, le bollette, il mangiare e senza i soldi necessari alla sopravvivenza non si va lontano.
Se invece ti riferisci al perché i grandi artisti già ricchi si vogliano arricchire ancor di più, credo che valga lo stesso identico concetto del mondo del calcio o della politica: l’uomo, aimè è un essere che non si accontenta mai, quindi più soldi hai, più pretendi e più ne desideri.
Nel grazie, Jacopo, ancora e sempre