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Estratto da Facebook
16 Dicembre 2008 12:44:26
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Dire quello che pensi certo ti danneggia in società: ma la libertà di parola vale più di mille inviti.
Logan Pearsall Smith
For too long now
There were secret in my mind
For too long now
There were things I should have
said
Subito: è troppo il tempo
dei secreti chiusi in cranio.
così tanto tempo dall’ora
era quanto – avrei dovuto
dire
[ Tears Of The Dragon, Bruce Dickinson ]
MUSICISTI? PARLIAMONE...
Musicisti? Parliamone...
VI AMO [ e lo sapete ]. VI ASCOLTO [ senza distinzione di genere ]. VI APPOGGIO [ e ne scrivo ]. Ora è ora di dirvelo: non dimenticate! Non siamo SNORKY e non siamo «tutti amici e perciò felici». Non dimenticate: se è il caso – VI AFFRONTO. E sfodero la lunga lama delle humanea litterae. E la chiave [ di volta e rivolta ] è il termine: HUMANAE. Per scelta non scrivo [ quasi mai ] critiche negative, semplicemente perché il principio per parlare di Musica è lo stesso per parlare di Poesia: non esiste una brutta poesia o una brutta musica. O è Poesia o non lo è. O è Musica o non lo è. Punto.
Premesso questo, la soggettività del singolo scrivente [ io ] non si sdilinquisce, non sciorina complimenti “ad minchiam”, non si schiera dalla parte di chiunque si dica: artista/artigiano/artistoide/artefatto, ...
Oggi l’urgenza è: dire basta! Sono stanca: inciampare nel vuoto mi stanca. Sono stanca di chi continua – imperterriti imbecilli – a dirsi, a ribadirsi: migliori. Migliori come musicisti, migliori come baristi, migliori perché? Perché maschi? Per onniscienza infusa direttamente da Priapo? Migliori perché abituati a scambiarsi pacche sulle spalle? Migliori perché il confronto è col compagno di merenda, col vicino di casa, con il ragazzo che ha appena imparato il giro di do?...
Se vi parlo di pagina, di palco, vi parlo con coscienza [ di causa ]. Non basta il talento, non basta la tecnica: ci vuole la tensione del carisma. Non basta credere: bisogna convincere. E molti di voi sono arrivati a credere a tutto quello che dicono, a tutto quello che si raccontano. Senza più: rispetto. Senza più: metro critico. Senza più: coscienza storica.
Un precetto per chi “prosa” è: assomigliare a ciò che si scrive. E allora vi chiedo, voi assomigliate alla vostra musica? Allora vi chiedo: rispetto! Io ho SPOSATO il mio mestiere [ che vi piaccia o meno: è un mestiere ]. Nessuno mi conduce all’altare – né per maritarmi né per immolarmi. Vi chiedo: è un problema il mio corpo di donna? Mi chiedo: perché devo sentire una riga di stronzate? Rispetto, ragazzi, rispetto! La mia sacrosanta gavetta continua. E non si improvvisa. Mai! In nessun campo. E voi tuttologi – tuttofare – tuttochiosare avete mai ipotizzato che il pubblico sia digiuno? Avete mai – anche solo per un mero contatto neuronale – pensato che il pubblico legga di musica? Mai vagamente sfiorati dal dubbio che chi scrive non sia un’adorante automa pronto ad esaltarvi a prescindere? [ Per carità, solo gli autori e gli attori devono ingoiare stroncature, giuste/ingiuste che siano...]. Oh molta massa di musicisti/musicanti/musichieri, magari prima di ridermi in faccia – perché non provate [ almeno ] a rispettare la professione? Perché, tronfi hobbysti del sabbato, questa è una professione: palco e pagina mi procurano la pagnotta! E ha ragione l’inetto che mi disse: «professionista del cazzo!». Anche se avrei preferito: «una cazzo di professionista!». Se si vuole “giocare” con le parole: si deve sapere – è un gioco GRAVE – la tomba si termina a colpi di lingua...
E quali termini/titoli vi firmano? La vostra scelta coraggiosa? La vostra scelta di vita? Se scegliete gli accordi: IMPARATE a scegliere anche le parole quando vi rivolgete a qualcuno che non conoscete! [Your momma told you that you're not supposed to talk to strangers – e si cita Ozzy]. E quale senso/scopo imprimete ai vostri spartiti?
Se sul palco [ Nota Bene, Rapallo, 12/11/2008 ] canta Fabio Lione e suona Pier Gonella abbiate la decenza – se non la sapienza – di: togliervi il cappello e rendere grazie. E imparare da chi: è. Ed è: grande. Decisamente più grande di voi. Serata cover. E se le cover sono interpretate da Lione/Gonella diventano: originali. Talento e tecnica, professione e personalità. E questo: con l’occhio/orecchio del pubblico. Si aggiunga tutta la stima per quel “saper tenere il palco, saper stare sulle scene” – che tanto anima la mia radice attoriale. Fabio Lione e Pier Gonella NON devono più “dimostrare”. Né io – recensire. Semplicemente: mi inchino. E tributo il giusto. Questo perché chi scrive NON è una musicista. Pur: valenza testuale, presenza scenica e comunicazione – sono sfere a me note.
E non posso tollerare [ non più ] la livella che vuole tutti sullo stesso piano. Lasciate alla Tv di prostituzione l’idea che tutti possano fare tutto. Essere o non essere. E questo – rimane. Lione è. Gonella è. Arte. Punto.
E a capo. Lo dico: e ve lo ripeto, nel caso foste impegnati a farneticare. E ve lo dico con le Parole, le Parole che Operano e rimangono. Le Parole che (in)segnano:
La porta della storia è una Porta Stretta
infilarsi dentro costa una spaventosa fatica
c’è chi rinuncia e dà in giro il culo
e chi non ci rinuncia, ma male, e tiri fuori il cric dal portabagagli,
e chi vuole entrarci a tutti i costi, a gomitate ma con dignità;
ma sono tutti là, davanti a quella Porta.
[ P.P.P.]
Chi passa di là? Al momento chi scrive – passa al di là [ impara più dai miti dei morti mai morti – che dai vivi morti in vita ]. Quello che dovevo/potevo/volevo – vi ho detto. E sono io chi: non vuole più “avere a che fare” con la molta meschina melma. Ho da fare, da fare anima. Essere non è dato semplice. Scrivere non è sterile. E se non sai, non sporcare le parole. E se non sei, non pronuncio il tuo nome nullo. A ognuno il suo [ carretto ]. Ci vediamo a dramma finito, a bocce ferme, tra un paio di secoli, ...
Sarà solo la Storia a mettere la parola: FINE!
There is a WORD
Which bears a sword
[ Emily Dickinson ]
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