CORPI DI CARTA CHIARA |
Estratto da Chiara Libre 09 Aprile 2010 19:13:58 |
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A Smile just like mine
1. «Non appena un uomo di lettere risulta effettivamente ammalato, la prima prescrizione che gli si deve applicare è l’interruzione assoluta di tutti i suoi studi; per quanto brutale possa sembrare all’interessato tale trattamento, resta indispensabile, e sarebbe rendergli un ben cattivo servizio mostrare dell’indulgenza in casi come questi». Tissot, 1769, Della salute de' letterati.
Chi vive di parole – perde la vita e la vista per trovare parole più potenti, parole migliori, parole che portino il peso di un altare che non santifica – sacrifica. Perché immolarsi? Perché dare e perché darsi? In pasto al pensiero.
2. Perché il punto è. Ogni Lettera è una Lettera scarlatta. Perché scrivere NON è terapeutico, scrivere è tossico. Per l’autore. È falso credere – credere lo scrittore: l’eletto che si compiace di un pollice opponibile. È un pollice verso, nell’arena: chi intrattiene è chi intellige. Al servizio della superficie che non si sforza, ma si schiera. E l’autore rumina radici. Tanto più vere, quanto più velenose. Buona la prima! Vi è piaciuto lo spettacolo? Siete certi di aver digerito? C’è un tempo di replica, lo spazio di chi abita: la parola.
3. Perché assumere un autore come una pillola di viagra – è un azzardo. Non vi hanno insegnato a non mettervi in bocca tutte quelle belle bacche colorate che tanto seducono l’occhio? Avete appagato l’orecchio? Vi ha divertito la vostra scimmietta? Perché quindi – sfidare la Lingua? L’onnipotenza è sinonimo di menzogna. Perché se l’autore «eleva il livello» e voi calate la mannaia, sappiate che quell’autore non starà MAI fermo – per farsi sgozzare. Tolti tutti i lucchetti [dei diari secreti adolescenziali, delle parole corrotte e caramellate per ingrassare finanze e seccare futuri], tolti gli sfizi e tutti i vezzi di chi incatena parole per hobby, tolto il “fare” resta “l’essere”. E l’autore è un essere umano, nonostante. L’autore è un essere pericoloso: per sé e per gli altri.
4. L’autore vi lascia fare [mascelle meccaniche mosse solo per riflesso – muscolare]. Viscerocranio di un solo articolare il nulla, l’autore vi lascia fare. L’autore vi lascia. La libertà non si ordina! La libertà non si impone – l’essere libero promette al paradosso: il pensiero che porta alla pazzia. E a parole più precise. Tutte le parole che cancellate e pervertite: sono la miseria dell’anima illusa. Est problema post phonema. Come dirvi che non sapete, se negate? Il vocabolario del ventaglio non è la ruota del pavone. La parola violenta, la parola annienta. La parola precipita e un popolo povero di parole è un popolo povero e basta. E l’amico Alì conferma: «prelievo del sangue e prelevamento dei soldi. Un tempo la parola *si* distingueva». E l’Autore è sempre in debito [parole che vi devo, comunque]. Il credito sociale è una carta di plastica. Nell’oggi si depaupera. Chi defeda. E chi difende? L’autore non ha prezzo, solo valori. Che non potete comprare e non volete conoscere. Solo: condannare.
5. «Andrai forte e fiera – nel mondo che non ti ha creduto mai!» sono le parole di una canzone che tonava e tuonava una profezia. La canzone che le cantava suo fratello, prima che la musica fosse Metallo, quando già il mondo grandinava il suo manganello, quando fuori dalla culla scoccò l’ora eterna del duello. In due contro duemila – e rotti: anni di lividi. Cattiveria degli uomini, gratuita e congenita. E lo sapevano che si doveva correre in salita contro la società, contro la sanità imposta. Malati di vita, schiena contro schiena, nel giurare gemello: «mai mai mai! Non tradiremo mai la verità!». Loud and Proud che tradusse, senza tradire. L’autore.
6. E avete letto. Quella nuda fragilità, quella maschera di sangue – che non recita l’autore: interpreta, incarna. È diverso. Indossa l’autore quella maschera di sangue che affondi: «devi dimagrire!» e non ti permette di dire. Non ti permettere. Non vi permette. E non per il peso che ha ripreso per vivere [che è ancora sottopeso], non è permesso: provare a plagiare un autore. Non a parole. Sfregio su sfregio, almeno colpite a morte. Non si può "assumere a piccole dosi": l’anima che vi guida nei mondi altri – è la stessa anima che snuda le zanne quando bruciano i vestiti di Deianira. Perché l’autore debba sempre calzare le “colpe del capro” è banale norma per chi è diverso. Ricettacoli di malattie, siamo scimmiette dal cerone tatuato sulla carne viva: e darvi piacere e tensioni e ravvivare il vostro quotidiano. Il tutto: senza fiatare. Il tutto che detta: sentire e subire. Lo sbaglio di essere: alieni e alienati. Lo sbaglio di essere. Punto. Da quando ha memoria, da quando è memoria, l’autore si sente tritare e triturare i nervi: «il tuo essere sarà sempre usato contro di te!». Prego: mettersi in fila. E lunga vita a chi rinnega la verità! Una vita infinita a chi pretende di possedere: l’unica verità possibile.
7. Parole come pugni: «morirai sola. Cosa puoi offrire? Pensi davvero di smettere di bere e fumare, se incinta? Morirai di parto. E morirai da sola». Al di là dell’interesse esagerato per la sua attività uterina [dopo la censura clericale e dopo calendari di cazzate, dopo la promessa delle fiamme eterne e la grancassa di salvatori, dopo il preconizzato suo decesso, all’orlo dei Trenta – denari che non ha – lo vedete il medio del suo dito issato? Dopo di voi, dentro di lei, è l’ora di ridere: «Il padrone ha la tuba allungata/ed ha baffi arditi/e in fondo già sa/ che restiamo alla frusta qui uguali/FELICI E INCAPACI DI ESSER NORMALI/e allora ridano gli altri di noi/e allora ridano gli altri stasera/ridano gli altri per noi»]. E ride come un Killer, come le canta – papà Lemmy...
8. Non «è fico» l’incedere e l’incidere dell’autore. Non veste vestaglie di seta, non sorseggia caffè con Balzac, non si trastulla né dondola sulla U di Tarchetti, l’autore non. Non più. Vittime sarete voi! Vittime delle vostre menzogne, dei vostri circuiti dorati, delle droghe sintetiche e di tutti gli – ismi che rotolate e paupulate nelle carceri di gote spocchiose. Nel pieno delle sue deformità mentali, Vostri Onori, l’autore confessa e conferma: carnefice di se stesso. L’autore si sceglie: l’assassino migliore, in circolazione. Scusate se è poco: l’epitaffio se lo scrive. Da solo! Sia mai la sentenza che declina in –ice, –essa, quel senza sesso che non capite. No, grazie, ben gentili, ma dei rampolli delle “famiglie bene” ha sempre pensato tutto il male possibile…
Avete moneta, non abitate magia.
9. Essere fragili non si nomina/non sinonima: essere deboli. Evidentemente la differenza non vi è così chiara. Non è un problema suo. Quanto spreco di parole. E riesce ancora a stupirsi della stupidità e dello spreco, di tutto questo sfiato. Mutarsi la bocca e murarsi in un dignitoso silenzio – capisce – sarebbe un atto troppo adulto. Cari Peter Pan, è tutto molto più semplice: ci vogliono gli attributi! Non si insegna a un Daino come si salta. Non si insegna come si sceglie a chi ha già scelto e consacra le proprie ceneri: allo Scritto e al Detto, al Fatto e all’Atto. I vostri soldi sono solo un esame diagnostico: encefalogramma piatto. È servito all’autore, che tutto serve. E non tutto si può schiavizzare. E non tutti: sono in vendita. Suona strano se lo firma e lo conferma una femmina. Pure: è un autore. Così è. Vi piaccia o meno – non è un problema suo. Quanta cattiveria vi suscita chi non riuscite a ridurre in cattività? Figli di un passivare precotto, per quanto mamma televisione vi spacci – cocaina e certezze – voi, un Artista non l’avete mai conosciuto. Solo condannato… Sua culpa. La perfezione la lascia ai prelati. E alle personae che pretendono: l’impunito paupulare. Chi piange si riprende: riga di rimmel. E lo specchio riflette: Alice Cooper. Santità del Ragno che non osanna il dio del fastidio: siete pleonastici. E parecchio patetici. Nessuno – vi dice e si ripete – insegna ad un Daino come si salta. E salta e sputa, e trama le parole che rispetta. Questo è un gioco che non si vince sulla carta. Non con la carta di credito. E quel molle muscolo che chiamate lingua non dovete – ve lo giura – per forza usarlo. Leccatevi l’ombelico, chiusi nei vostri piccoli mondi arricchiti. È l’autore che è non è degno di cocaina e calcio – o voi: a perdervi Catullo e Cage? Le dite il suo è un mondo di perdenti? Tabacco e Tequila perché da sobri vi sfonderemmo il cuore – con poche, mirate, parole. Born to Lose, Live to Win, nient’altro da dichiarare.
10. Vi prenda sgomento: «non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene!». Più genovese di così – si muore. Cara *Genova bene*, l’autore vi perde, nel dedalo delle vostre vite sintetiche. E un autore è un artista che non muore per capriccio. Non muore per la mancanza di rispetto. Lo vedete il scrollar di spalle? La prossima volta: siate strateghi migliori! Se volete ammazzare un autore: o affondate il coltello nella schiena o guardate quel bel culo ancheggiare lontano…
11. Alcolizzato e alcolizzato al dolore, l’autore brinda alla frase che futura: «forte e fiero», nel fastello di fantasmi che si friggono l’aria per fottersi i neuroni. E non è qui per piacervi, come ribadiva il Sommo Bene, né per compiacersi. È l’ultima delle merde, di quella merde che però – concimano.
12. «Domani sarà certo il giorno tuo!» e non crolla giorno che suo fratello non le ripeta quanto quel libro sia nella tasca interna del suo giurare e della sua giacca, e non piove giorno che lei non ripeta a suo fratello: «quell’azzurro del cielo, lo vedrai, negli occhi miei!». E si patisce sempre il dolore che provoca chi pulsa e pompa: la resistenza. Lunga vita ai tiranni, probabile e possibile e, purtroppo, plausibile – noi moriremo presto. Pure: è un parola plurale. NOI moriremo: tra le braccia dei nostri fratelli. Potete dire lo stesso, con la stessa certezza?
13. È venerdì. Porta bene? Porta male? Porta il nome dell’asteroide che onora Egeria, protettrice delle nascite e delle sorgenti…