Chiara Daino
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5 Ottobre 2019 5 Ottobre 2019 - 11.30: NON HO PRESO L’OPTALIDON [monologo per endiadi vocale]

«Dio mio, ma allora cos’ha
lei all'attivo? ...»
«Io? – [un balbettio nefando,
non ho preso l’optalidon,
mi trema la voce
di ragazzo malato] –
Io? Una disperata vitalità.


Se qualcuno mi chiede [e qualcuno
me lo chiede] dove vado con me
risponderei di non saperlo. Ho avuto
fin nel ventre materno, con la gioia,
questa sicurezza in una vera,
assoluta, inconoscibile irrealtà.
L’undici e mezza mi sento morire»

«Dio mio, ma allora cos’ha
lei all'attivo? ...»
«Io? – [un balbettio, nefando
non ho preso l’optalidon,
mi trema la voce di ragazzo
malato] – Io?
Una disperata vitalità:


vitalità [la diversità!],
la diversità che mi fece stupendo
e colorò di tinte disperate
una vita non mia, mi fa ancora
sordo ai comuni istinti, fuori dalla
funzione che rende gli uomini servi
e liberi. Morta anche la povera
speranza di rientrarvi, sono solo
[e non voglio esser solo] sono solo
per essa, coscienza.
E poiché il mondo non è più necessario
a me, io non sono più necessario.
Le undici e mezza mi sento morire»

«Dio mio, ma allora cos’ha
lei all'attivo? ...»
«Io? – Un balbettio…
Di ragazzo malato –
Io? Una disperata. [Vitalità…


...el vuelo! el vuelo! el vuelo!

…A. Machado…
…A Casarsa
A Casarsa nasceva, un giorno, il sole:
e io dov’ero? Nella schiuma lieve
iridata del sonno, con il cuore
dentro un soave bozzolo di luce,
volavo. Estasiato, senza ali,
volavo a mezza strada tra la terra
e il cielo, volavo nella luce
delle campagne illuminate in sogno.
Le undici e mezza mi sento morire
e io dov’ero? Volavo…

«Dio mio, ma allora cos’ha
lei all’attivo? ...»
«Io?


Io vorrei soltanto vivere
pur essendo poeta
perché la vita si esprime anche solo
con se stessa...
Perché la vita
si esprime anche solo con se stessa....

NON C’È ALTRA POESIA CHE L’AZIONE REALE!
Non c’è altra poesia che

… La tramontana:
era l’inizio del giorno
per misteriosa elezione...
Ma quando, a notte…

I Santi? Non sono...
i Santi non sono
il sole, il sole...

Non so che amarezza...
Scommettitori, puntate!

Ecco, sono stato condannato
APPENDICE: la mancanza di richiesta di poesia

«Dio mio, ma allora cos’ha
lei all’attivo?...»
«Io? – [un balbettio?]


Io? Dov’ero?
Volavo…

Padre nostro che sei nei Cieli,
io non sono mai stato ridicolo in tutta la vita.
Ho sempre avuto negli occhi un velo d'ironia.
Padre nostro che sei nei Cieli:
ecco un tuo figlio che, in terra, è padre...

[Cerco il perdono da la madre mia]

È a terra, non si difende più...
Se tu lo interroghi, egli è pronto a risponderti.
È loquace. Come quelli che hanno appena avuto
una disgrazia e sono abituati alle disgrazie.
Anzi, ha bisogno, lui, di parlare:
tanto che ti parla anche se tu non lo interroghi.

E non può più parlare
– le undici e un quarto –

Quanta inutile buona educazione!
Non sono mai stato maleducato una volta nella mia vita.
Avevo il tratto staccato dalle cose, e sapevo tacere.
Per difendermi, dopo l'ironia, avevo il silenzio.

[E silenziose primule…]

Padre nostro che sei nei Cieli:
sono diventato padre, e il grigio degli alberi
sfioriti, e ormai senza frutti,
il grigio delle eclissi, per mano tua mi ha sempre difeso.
Mi ha difeso dallo scandalo, dal dare in pasto
agli altri il mio potere perduto.
Infatti, Dio, io non ho mai dato l’ombra di uno scandalo.
Ero protetto dal mio possedere e dall'esperienza
del possedere, che mi rendeva, appunto,
ironico, silenzioso e infine inattaccabile come mio padre.

[Cerco il perdono da la madre mia]

Ora tu mi hai lasciato.
Ah, ah, lo so ben io cosa ho sognato
Quel maledetto pomeriggio! Ho sognato Te.
Ecco perché è cambiata la mia vita.
E allora, poiché Ti ho,
che me ne faccio della paura del ridicolo?
I miei occhi sono divenuti due buffi e nudi
lampioni del mio deserto e della mia miseria.

[Un balbettio, nefando… Non ho preso l’optalidon…]

Padre nostro che sei nei Cieli!
Che me ne faccio della mia buona educazione?
Chiacchiererò con Te come una vecchia, o un povero
operaio che viene dalla campagna, reso quasi nudo
dalla coscienza dei quattro soldi che guadagna
e che dà subito alla moglie – restando, lui, squattrinato,
come un ragazzo, malgrado le sue tempie grigie
e i calzoni larghi e grigi delle persone anziane...
chiacchiererò con la mancanza di pudore
della gente inferiore, che Ti è tanto cara.
Sei contento? Ti confido il mio dolore

[di ragazzo malato…]

E sto qui ad aspettare la tua risposta
come un miserabile e buon gatto aspetta
gli avanzi, sotto il tavolo: Ti guardo, Ti guardo fisso,
come un bambino imbambolato e senza dignità.
La buona reputazione, ah, ah!
Padre nostro che sei nei Cieli,
cosa me ne faccio della buona reputazione, e del destino
– che sembrava tutt’uno col mio corpo e il mio tratto –
di non fare per nessuna ragione al mondo parlare di me?
Che me ne faccio di questa persona
cosi ben difesa contro gli imprevisti?

Mezzanotte: m’ ho da confessare

Le undici e mezza – mi sento morire!
Bisogna resistere!
Nella rabbia e nello scandalo,
nello scandalo e nella rabbia più che mai,
ingenui come bestie al macello…»

«Dio mio, ma allora cos’ha lei
all’attivo?...»
«I-o-un-bal-bet-ti-o-ne-fan-do
non ho preso l’optalidon
mi trema la voce
di ragazzo malato]
Io? Una dis-pe-ra-ta VITALITÀ:


Sesso, consolazione della miseria!
La puttana è una regina, il suo trono
è un rudere, la sua terra un pezzo
di merdoso prato, il suo scettro
una borsetta di vernice rossa:
abbaia nella notte, sporca e feroce
come un'antica madre: difende
il suo possesso e la sua vita.

IL VOLGAR’ELOQUIO: AMALO!

I magnaccia, attorno, a frotte,
gonfi e sbattuti, coi loro baffi
brindisi o slavi, sono
capi, reggenti: combinano
nel buio, i loro affari di cento lire,
ammiccando in silenzio, scambiandosi
parole d'ordine: il mondo, escluso, tace
intorno a loro, che se ne sono esclusi,
silenziose carogne di rapaci.

Lega e nutri la vacca smarrita
purché sia una vacca!»

«Dio mio, ma allora
cos’ha lei all'attivo? ...»
«Io? Un nefando balbettio!


Ma nei rifiuti del mondo, nasce
un nuovo mondo: nascono leggi nuove
dove non c'è più legge; nasce un nuovo
onore dove onore è il disonore...
Nascono potenze e nobiltà,
feroci, nei mucchi di tuguri,
nei luoghi sconfinati dove credi
che la città finisca, e dove invece
ricomincia, nemica, ricomincia
ricomincia, nemica, ricomincia
ricomincia, nemica, ricomincia

per migliaia di volte, con ponti
e labirinti, cantieri e sterri,
dietro mareggiate di grattacieli,
che coprono interi orizzonti
nel dire Buonanotte
anziché Vorrei morire»

«Dio mio, ma allora cos’ ha
lei all'attivo?...»
«Io?

Ragazzo malato
– nella facilità.

Nella facilità dell’amore
il miserabile si sente uomo:
fonda la fiducia nella vita, fino
a disprezzare chi ha altra vita.
I figli si gettano all’avventura
sicuri d’essere in un mondo
che di loro, del loro sesso, ha paura.
La loro pietà è nell’essere spietati,
la loro forza nella leggerezza,
la loro speranza nel non avere speranza.

Del tosatel la parola è rispetto.
[Eccesso d’ingenuità
eccesso di squisitezza!.]
Del tosatel la parola è – rispetto!
La parola è il teatro – di parola!»

«Dio mio, ma allora cos’ ha?»
«Io, un balbettio:


Una coltre di primule...
Scheletri col vestito...
Quando una troupe...
Vedo la troupe in ozio...
Un solo rudere...
Ci vediamo in proiezione...
Lavoro tutto il giorno...
Supplica a mia madre
La ricerca di una casa
La realtà…

Realtà:
mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d’esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?

Che madri avete avuto...

Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate, a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?
Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
i chiude nel vecchio rifiuto morale.

Cerco il perdono da la madre mia
[io non ho preso l’optalidon]
Ecco! Cerco e mi domando:
che madri avete avuto?

Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.
Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
HANNO IMPARATO
a non dare né dolore né gioia»

«Dio mio, ma allora cos’ha?»
«All’attivo?... Io?

Catenaccio – Triangolazioni – Conclusioni
Goal!
Io? Mi domando che madri avete avuto.

Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d’amore,
se non d’un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v’hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.
Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l’antico, vergognoso segreto
d'accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.
Facendo ciò che non dice
Facendo...

CHINARE SENZA AMORE LA TESTA


Io? Mi domando che madri avete avuto.

Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.

Io? Cerco il perdono da la madre mia
Io? Un balbettio di

madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!

Sopravvivete

Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
– nel vostro odio – addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
È così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini»

«Dio mio, ma allora cos’ha
lei all’attivo?...»
«Io! Una disperata vitalità!


E oggi vi dirò che non solo
bisogna impegnarsi nello scrivere, ma nel vivere
E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame

FAME! FAME! Fame

d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
Le undici e mezza mi sento morire»

«Dio mio, ma allora cos’ha
lei all’attivo?...»
«Io? Ragazzo malato,

prendi questo fardello, ragazzo che mi odii – e portalo tu.
È meraviglioso. Io potrò così andare avanti...»

«Dio mio, ma allora? ...»
«Mi trema la voce


Come in un velo giallo...
Camminavo nei dintorni...
Un areoplano... E volavo...
Manca sempre qualcosa...
Un biancore di calce...
L'idea di venir meno...
Il film l' ho già girato con Cristo...
Credendomi inaridito...
Così mi salvo...

Questo è teatro! Questo non è teatro!
Lo stupendo Living Theatre
... Il grande Totò,
il folle Totò...
Carmelo! Bene...
Il Teatro del Gesto o dell’Urlo.

Torno, ritrovo il fenomeno...
Torno... E una sera...
TORNO, E MI TROVO!»

«Dio mio, ma allora? Io?

Comunicato dell'Ansa [Propositi]
Comunicato dell'Ansa [Scelta stilistica]
Comunicato dell'Ansa [Ninetto]
Comunicato dell'Ansa [Un cane]
Trasumanar e organizzar
la porta della storia

La porta della storia è una Porta Stretta
infilarsi dentro costa una spaventosa fatica
c’è chi rinuncia e dà in giro il culo
e chi non ci rinuncia, ma male, e tiri fuori il cric dal portabagagli,
e chi vuole entrarci a tutti i costi, a gomitate ma con dignità;
ma son tutti là, davanti a quella Porta».

«Dio mio, ma allora cos’ha
lei all’attivo?...»
«Io?


Io?
Che io possa esser dannato
se non ti amo.
Solo l’amare, solo il conoscere conta,
non l’aver amato,
non l’aver conosciuto.

Le undici e mezza mi sento morire
Portalo tu...

E se così non fosse
non capirei più niente
tutto il mio folle amore
Gli vidi in faccia la mia gioventù

lo soffia il cielo
lo soffia il cielo
così

passa Pasolini guai a chi lo tocca

ma l’erba soavemente delicata
di un profumo che da gli spasimi
– tu non fossi mai nata –

Portalo tu
tutto il mio folle amore
lo soffia il cielo
lo soffia il cielo
così

passa Pasolini – guai – a chi lo tocca

il derubato che sorride
ruba qualcosa al ladro
ma il derubato che piange
ruba qualcosa a se stesso
perciò io vi dico
finché sorriderò
tu non sarai perduta

passa – Pasolini guai a chi lo tocca

ma queste son parole
e non ho mai sentito
che un cuore, un cuore affranto
si cura
l’unico e tutto il mio folle amore
Le undici, le volte che l’ho visto

lo soffia il cielo
lo soffia il cielo
così:
passa Pasolini. Guai a chi lo tocca!».

«Dio mio, ma allora cos’ha
lei all’attivo?...»
«Io? – Passa Pasolini


Persi le forze mie persi l’ingegno
Torno e mi ritrovo...
Persi le forze mie
Che la morte m’è venuta a visitare
E leva le gambe tue da questo regno!
E non voglio esser solo
Le undici e un quarto io mi sento ferito
Davanti agli occhi ho le mani spezzate E la lingua mi diceva “è andata è andata”
lo soffia il cielo
lo soffia il cielo

Le undici e un quarto: mi sento ferito.

Le undici e mezza, mi sento morire .
La lingua mi cercava le parole
ma queste son parole!

COMUNICATO DELL’ANSA

Non ho preso l’optalidon, mi trema la voce
E tutto mi diceva che non giova
non giova non giova... Ho fame!
Le undici e mezza mi sento morire;
mezzanotte. M’ ho da confessare:
cerco il perdono da la madre mia
e questo è un dovere che ho da fare.
Io a mezzanotte m’ ho da confessare!

Ma quella notte volevo parlare:
la pioggia il fango e l’auto per scappare
solo a morire lì vicino al mare
e non voglio esser solo!

Ma quella notte volevo parlare.

E non può ! Non può?
Può più? Parlare può?
Non può non può
Può più parlare può
più parlare

HO UN’INFINITA FAME

Persi le forze mie persi l’ingegno
Che la morte m’è venuta a visitare
come mio padre.

E leva le gambe tue da questo regno!
Persi le forze mie persi l’ingegno»

«Dio mio, ma allora cos’ha lei all’attivo?...»
«Io? – [un balbettio, nefando
non ho preso l'optalidon, mi trema la voce
di ragazzo malato] –

Io? Passa Pasolini guai a chi lo tocca
Io?

UNA DISPERATA
VITALITÀ.



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ChiaraDaino.it © 2011

ARCHIVIO STORICO

5 Ottobre 2019
11.30: NON HO PRESO L’OPTALIDON


29 Settembre 2019
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11 Agosto 2019
LA MERCA - Ristampa


21 Luglio 2019
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9 Maggio 2019
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