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Se fossimo immortali (Joker, 2006)
L`affetto
[...]
Tra sillaba e sillaba metti il lungo respiro
di chi non crede all`esilio
e ti fissa con tenerezza
dietro una persiana.
Ti resta quello sguardo per millenni.
Un filo mai spezzato con la forza
tenace dell`acciaio di chi bussa
ribussa a una porta chiusa ma tu
fai cadere il seme nella terra
anche se la terra è inconsistente
fai cadere una sillaba
tra tutte le sillabe del mondo
semina il tuo vento
come sai
la tua luna invernale
nella tua prima e ultima neve.
Le parole non arrivano dal mare sono
nella bocca
appaiono e scompaiono dall`acqua torbida
per galleggiare come scorze.
Non hai guerre da combattere non hai nemici
solo la morte hai se ancora ami soffrire
e ridere. Non hai che il cordone ombelicale
delle parole.
Qui non c`è molto da fare
e sempre è troppo tardi per capirlo.
Copriti col tuo abito di sillabe di poco fiato
ama il tuo desiderio più che puoi e aspetta:
e mentre aspetti chiedi anche all`aria di aspettare,
prima di scorticarti.
limite
Ci hanno detto di non toccare il limite
ma dalla riva al mare non si salpa
e dal mare alla riva non si approda
le voci sottovento
ci assediano violente l`acqua tace.
Non perdete la calma ci hanno detto
e noi stiamo bravi sulla nave
non pensiamo
respiriamo calmi
soffriamo calmi per farvi un favore.
lettera agli annegati
La prima lotta fu uscire da un ventre
verso l`asciutto vuoto verticale
l`ultima è il ritorno all`acqua.
Lo sai che i pesci tacciono muoiono
non tentano nessun limite nuotano
nella rete chiusa del mare.
Può ancora respirare chi continua a scrivere
lettere agli annegati
e chiedere eternamente quale fessura
fine di sasso separi
chi fugge da chi resiste.
Come fanno i pazzi
Cerca quello che unisce e non separa
per sentirsi legato alla catena
della vita e a tutte le sue creature
in pena, chi nel deserto medita
vedendo i démoni e fame e sete
prova di quello che manca e d’ira
intride l’amore di grida il canto.
Come i pazzi che ritornano sempre
negli assoluti con addosso il freddo
e il caldo originari e carezzano
la terra con la mano contro la sua
crosta nudi come quando si nasce
col solo respiro senza parole
e un interminabile pianto.
Come i pazzi che ritornano sempre
indietro negli assoluti e si vedono
sterco bava sputo merda muco
insetto e stanno in questo luogo ad occhi
torti pelle e capelli strappandosi
volendo non esserci nell’estremo
buco da dove si esce ma subito
aria luce mondo tutti insieme
feriscono e loro restano vivi
senza vita morti senza morte e
la distanza vorrebbero dei pianeti,
se non c’è nessuno che si avvicina
a loro con lo sguardo onnipotente
di chi prova un assoluto amore.
Se non c’è nessuno che si avvicina
migrano altrove spalancando braccia
si gonfiano d’ampiezza e il sangue ascende
in alto nella testa come in cielo
e diventano santi deliranti
vita, che cancellano la morte
con un colpo d’ala o un gesto astratto
fanno miracoli fanno l’amore
col mondo e tutto il suo schifo il suo orrore
gli strappano la lingua dei lamenti:
canta gli inni e le lodi - gli dicono -
ringrazia Dio che tutto quanto è creato
è ben fatto è bello e giusto è ciò che è:
tutto si può se si vuole e così sia.
Tutto si può se si vuole e ci basta
una parola per rovesciare
gli specchi farli bruciare mentono
tutti cosa vogliono loro cosa
ci chiedono che cosa sapranno
di noi che cosa siamo e non siamo?
Hanno artigli zanne pelo ruvido
ringhiano contro ci assalgono sono
indemoniati vogliono ucciderci.
Andate via non si accettano patti
tra l’alto e il basso il dritto e il rovescio ma
noi attizziamo i culmini e i loro opposti
ricordando l’umano che sta in mezzo
a queste atrocità, senza più scudo.
L’uomo che sta in mezzo deve farsi
vuoto come il deserto che i dolci
feroci venti incrociano vuoto
come l’immobile occhio del sole vuoto
come il freddo vuoto della notte
in bilico sul mondo mentre gli umori
dell’aria preghiere e corpo umiliano
di chi si rivolge al vuoto e chi no.
Deve farsi vaso spalancato alle
sue forze occulte e poi richiudersi
in sé nel suo buio, il suo solo centro -
casa e pelle. Non devi avere paura,
si dice l’uomo con voce del buio
lontana disumana voce, non sua.
Voce del buio, estrema, sembra unire
vita a morte Chi sente quella voce
non si chiede se è folle non lo sa lui
è così spoglio di legge di ordine e
forma o solo andato via dove non sa,
forse all’inferno coperto dal fumo
dei sogni C’è chi ascolta voci e chi
non può entrare in nessuna materia
in nessun modo e il suo sangue non trema
chi va leggero levitando in aria
e tenta la traversata del cervello
segnato a morte dall’urto degli opposti.
Capovolto torna talvolta a dire
strane parole sulla dismisura.
secondo autoritratto diurno
Tu non ci sei e io non cucino per me:
mangerò una mela rossa non sarò la prima
a succhiare quella polpa
sentire la spina aguzza del torsolo il mio becco
farsi insistente verso la fine quando i morsi
sono più avidi e stretti e guarderò
compiaciuta denti e gengive colare succo
le labbra ritmicamente baciarsi
senza ragione o torto da ingoiare
nessun veleno ci sarà o verme rannicchiato
che già non sappia. Tutto mi sembrerà buono.
Devo solo ricordarmi della fame.
settimo autoritratto notturno
Di notte al balcone
il plenilunio entra nei pori e io mi inchino
alla notte stellata ai tetti muti e ai muri
buonasera a tutti dico sono qui e ho finito
il monologo non scomodatevi ad applaudirmi
so che le cose celesti si comportano
come quelle terrestri e nessuno ci guarda
e risponde nessuno fa un gesto e sorprende.
Rientro nella mia tana
che ho voluto trasparente per capire
e illudermi più lucidamente e chiudo il vetro
e attendo lì dietro.
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