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L’altra (Manni, 2001)

Le poesie non sono animali

Quale lingua quale paese dei sogni infantili
dei sogni infernali degli occhi aperti
quando il sogno
fu legge dell`atlante e del respiro?
Ci sono ombre sui muri
ombre mortali dopo mezzogiorno
- non c`è altro lessico.

***

Dove sta il ricordo
in quale casa
in quale mattone
neurone cellula fibra
appare
appena raschio l`intonaco
ombra tagliata di striscio
e non parla italiano
nessuna lingua di padre o madre.

***

Vorrei cambiare vita
abitudini faccia casa stile
in poche parole: morire.
Ricominciare
con uno scarabocchio stupefatto.
Aiutami a comperarmi abiti nuovi
aiutami a truccarmi di versi mai scritti.

***

Impazzisci, impazzisci -
è una questione di millimetri.
I pensieri sotto il respiro
l`occhio sottoterra
non resistono più di tanto
- se ne vanno.
Che aria tira nella mia nicchia
nel pianto
tra le parole terapeutiche
che aria c`è?
Voglio un luogo di pace nella mia pelle.
Nessun luogo è beato - mi dici -
si tratta solo di scegliere tra inferni.

***

Portatemi via conducetemi disse alle parole
che la attendevano scalpitando davanti alle porte spalancate
e chiuse gli occhi
e partirono verso un`altra lingua che non si poteva raccontare
o raggiungere,
forse solo dentro il sogno di un cane.

***

Se fosse in fondo alla sua pupilla, potesse entrarci
come entrano i morti nell`aldilà
chiedendo perdono o inchinandosi
al mistero di essere ammessi,
come la luna in volo sottoterra
lei con le frasi vola e con la spiga
in bocca si volta e sente
nei gesti stranezza sente
minerale e linfa tremare;
se veramente
entrasse in fondo a quella pupilla,

sarebbe brivido e sapienza.

***

Dobbiamo avere dignità
- perché si parla solo coi morti i folli gli spiriti delle cose
balorde e inutili -
la muta dignità degli animali morenti.
Così si dissero quella sera
incoronandosi re e regina
davanti alla notte.


Cagna

La cagna aveva tristezza
la mia gonna una piega malfatta che ne sapevo
dimmi che ne sapevo di essere una vecchia finestra coi vetri rotti
i muri screpolati la pelle quasi grigia
come la mia vita quasi vita,
allungando la mano non toccavo nulla
solo il mio palmo umido.
Le cagne tirano fuori la lingua senza senso sdraiate in terra
sonnecchiano. Il mondo non c`è.
Il sogno si faceva più largo man mano che il treno correva
perché si cadeva fuori dal finestrino che si apriva di colpo,
si cadeva fuori dal treno su un campo di papaveri.
I colori erano quelli di Renoir.
Non so come guardano gli animali. Se a colori o no,
loro sono i re di un mondo attiguo
e qualcosa di quel luogo ritorna quando si dorme
ma solo quando si dorme.
Una vecchia stava alla finestra
chissà il senso di quello stare lì alla finestra, in silenzio, e vecchi.
Forse stava bene non pensava a nulla stava
come la cagna addormentata che non chiede niente
dentro la sua eternità. E noi
si guardava il treno andarsene, si restava su quel prato
tra l`erba e i papaveri, fermi, con un sospiro di sollievo.
Quante volte mi hai detto perché non bevi un po` se ti fa sentire bene,
perché non scrivi tutto quello che ti passa in mente
senza rispettare nessi e sintassi, senza rispettare niente e nessuno?
Vai fuori di te. C`è un altro lessico.

Vorrei scrivere ora solo dello sguardo dei cani,
vorrei chiedere scusa agli animali, scusa alla vita.
La piega della gonna non c`è più, c`è un grosso strappo,
la pelle delle gambe, c`è l`osso, le ossa, la durezza.
Ma di quello sguardo non si sa dire niente,
niente di niente, e quando non si ha più nulla da dire
si può solo essere. È la cosa più difficile. Ci si arriva da morti.
Gli animali hanno visioni? Che ne sapevo
di diventare una pupilla di cagna.
E forse è lì che voglio arrivare, arrivare al mio presente
papavero osso mano che non tocca nulla,
arrivare a quella vecchia muta che ha già visto tutto
e ha oltrepassato la tristezza.
Voglio entrare nello sguardo degli animali
voglio la tana e il monastero
e stare tutta dentro il mio corpo e non sentirlo più. E da lì
aderire alla galassia come quando accarezzo una cosa estranea,
appena più turbata perché sono
un occhio d`animale che sa di morire e guarda tutto
come fosse l`ultima
o la prima volta.


L`altra

I
Lei si trovava sola in mezzo al bianco
ma non era neve era un bianco indescrivibile
un impasto colloso come capelli
lunghissimi fili sottilissimi di bava di ragno
e aveva l`aria di una scappata di casa
l`aria calma aveva e l`occhio acquoso
e si pettinava senza pettine.
Si pettinava lenta sembrava cantasse
ma non le usciva voce non soffriva
forse si sentiva meno straniera.
Da dove era partita non sapeva
se era affondata sotto il mare o volata
ma si sentiva come a casa come sgravata
come chi non può tornare indietro.
(...)

***

Scrivesse in follia i veri saggi non scrivono sono
la loro parola gli animali non scrivono
sono dentro di loro perfetti nessuno che voglia
cancellare il mondo neppure cambiarlo o rimpiangerlo
una radiografia la sua scrittura
di nervi e sinapsi, il dono vorrebbe
-sacro- di non scrivere quello che non si può.

***

Non vuole scrivere poesie morte vuole
seguire un mistero impulsivo
che le porti via peso e sintassi
le strappi la pelle
la ricongiunga all’aria.

Perché le foglie
le foglie da morte
lievitano
non si sa perché.

***

Ciò che qui non appare è anche altrove materia
materia la luce che come notte scompare
e il volo radente del nero lunare
prende nella sua scia e si resta muti
sapendo che sottoterra siamo nati
e in mezzo alle parole non c’è fiore.

***

Le nuvole avevano colori le venivano addosso
a volte bianche a volte oro rosso lei si fermò
le bastò un brivido un colpo di vento e grazie disse a voce alta
grazie a voi nuvole entrate con prepotenza nelle mie lacrime.
Non nascerò più, pensava, ora sto nel respiro del colore
di una mente appena morta che deve assestarsi così per secoli
per secoli ragionando in lingua atona bianca.
Non scrisse più. Non seppe più scrivere.
Non ricordò neppure l’alfabeto.
Dunque, dicono di lei, che non ebbe più parole.

Solo visioni.


Otto movimenti
per M. E.


I
Da qualche parte c`è grandezza
la cerco fuori dall`alfabeto c`era negli atomi
mi sono detta quando ero lì sul divano
a guardare le figure del cielo in un libro pensando
al Big Bang e noi siamo qui in questo cielo notturno
dopo celebrazioni e sepolture volendo
qualcosa d`altro ancora e chiamando un atomo dentro di noi
una luna padre e madre
siamo
nell`emisfero australe con la Piccola Nube di Magellano
o nell`emisfero Nord
dimmi
in quale fibra nervosa siamo
il creato è un attimo di concentrazione
poi ho voltato pagina.

II.
Ero lì sul divano a mezzanotte ero sulla spiaggia
a mezzogiorno non c`era nessuno ero con te e
guardavamo la schiuma spalancarsi sulla sabbia
i pensieri caduti in un cratere
trafitture di bianco
forse la compassione è leggerezza l`Eden le stanze di cinabro
se quando il dolore è cielo la palpebra lo raccoglie tutto allora
io ti stringo le mani
e mi basta.

III
Siamo qui e ho messo il dito su qualche puntino bianco
che segnava la galassia nel blu della pagina e dimmi
questa forza unica che si scinde continuamente e
l`idrogeno e l`elio in qualche punto del corpo i nessi
e in questa poesia
vorrei che fossero parole sempre più aperte lo sai
che per me scrivere non è solo scrivere
ma suoni freddi e caldi e la percezione dei colori
un intontimento
e quello che c`è o ci potrebbe essere
cercando di dirlo.

IV
C`era grandezza in tutto questo e ci sarà
ancora bisogna solo strappare e
strappare
i nervi si svegliano e si addormentano asimmetrici
eravamo là a guardare quella schiuma
i suoi giochi
un cenno di tramontana a pelo d`acqua
l`ora meridiana l`ora notturna portate a riva
un unico tremore
e il tic del tuo sopracciglio.

V
Pensavo ai nomi
progetti di sogni
nomi del nostro corpo
quanto durano i nomi
il loro viaggio
qui non c`è resurrezione
ci siamo detti
non moriremo
fino a quando ci faremo carezze
ci chiameremo per nome

VI
Guardavo le anatre da bambina ricordo
di averle incantate con una ninna nanna
tu ridi ma è stato così ora che mi ricordo
dopo millenni
perché oggi guardavamo le anatre insieme
galleggiare
ci venivano incontro
e poi d`un tratto viravano secondo gli impulsi dell`acqua
- cos`era successo? -
e mi è sembrato di essere più giovane
o vecchissima allo stesso tempo.

VII
In quel biancore di luce giravo gli occhi e
nell`orlo inferiore dell`orbita mentre appoggiavo la testa
sulla tua spalla, c`è un punto esatto tra sguardo e materia
c`è come una deriva ti chiedo se la schiuma
è essenza o nulla se la schiuma
è la nostra grandezza quella che resta
dopo lunghi sguardi stanchissimi, quel capriccio
della natura che siamo noi quando nel buio
di una stanza o nel chiaro inebriante di una spiaggia
qualcosa ci attraversa.

VIII
Se al culmine del giorno o della notte
ci cogliesse una preghiera se il corpo, a certe ore,
si allontana,
se è vero questo, se scrivere è
rovesciare l`occhio indietro allora
visioni
esploderebbero nello stomaco nell`orecchio
forse ci sarebbe letizia
vigilando il mondo nel punto del suo letargo
vigilando in preghiera
nel vuoto
forse
grandezza ci sarebbe.



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